Già da tempo le anatre selvatiche, riunite in formazioni, avevano lasciato i loro nidi, per migrare lontano; le foglie autunnali erano state riunite e bruciate in falò che avevano punteggiato di luci le aie ed i cortili; le castagne erano state raccolte nei boschi, arrostite sul fuoco e mangiate al desco familiare. Ora, dal cielo, bianco e liscio come una pergamena, dapprima con radi, minuscoli fiocchi, poi a soffici batuffoli, cadeva la neve, ed i giganti di pietra, immobili e silenziosi, accoglievano negli anfratti e nei crepacci, sulle vette inaccessibili, fra le distese di alberi sempreverdi, il dono usuale che si ripeteva ad ogni inverno. Nei boschi, i caprioli allungavano il collo verso le rare foglie, gli orsi russavano nelle tane di pietra, sognando la primavera, e le lepri invernali, divenute bianchissime, tradivano il loro passaggio con l’impronta delle zampe sulla neve.
E, dalle torri del Castello-Magia,
pendevano ghiaccioli, lucenti ed affilati come coltelli, e stillanti gocce;
sulle teste delle grondaie a forma di mostri cadeva la neve, e là s’ammucchiava come un
bizzarro copricapo; nelle scuderie il fiato dei cavalli usciva a nuvole dense;
e, mentre tutte le porte e le finestre erano ben serrate a cacciar fuori i
rigori dell’inverno, i camini fumavano con un’intensità pari al freddo
sopravvenuto.
Il volto di Lyra si affacciò ad una delle finestre del
castello, a guardare la lenta ma inesorabile discesa della neve. Rimase qualche
minuto in contemplazione, poi quel volto si ritirò e la fanciulla ritornò al
suo ricamo, che decorava una federa per il nascituro. L’inverno stava
trascorrendo in una dolce segregazione, perché Aldebaran temeva che le
pozzanghere ed i rivoletti d’acqua ghiacciati potessero far scivolare il suo
piede, e porre a repentaglio la vita che portava in grembo, e l’aveva
pregata di rimanere nelle sue stanze, e farsi servire in tutto e per tutto
dalle ancelle e dai domestici.
***
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La dama con liocorno di Raffaello Sanzio (1505-1507) Galleria Borghese http://www.galleriaborghese.it/borghese/it/ |
Era il giorno più rigido
dell’inverno. Nel mastodontico camino della sala da pranzo era stato acceso un
gran fuoco, e davanti alla fiamma era stata distesa una morbida pelle d’orso
per aggiungere calore a calore. Alle pareti erano stati appesi arazzi con scene
di caccia e battaglie, e il bagliore del fuoco, muovendosi sulle figure
d’uomini e d’animali, sembrava dar loro vita, ed essi cavalcavano,
combattevano, galoppavano e fuggivano, nel fitto del fogliame e su pianure
sconfinate, in una muta sarabanda, tutt'attorno alla sala.
La principessa sorrise e non fece domande, limitandosi a porsi una mano sul ventre, dove già s’indovinava una certa rotondità: là, aveva sentito un sussulto, come se, all'annuncio della sua nascita e del nome, qualcuno, prontamente, avesse risposto dando quel movimento repentino a nascosto. Non rimaneva che attendere di vedere il volto di quel bambino.
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